Acufene significa in greco suono fantasma. Viene denominato anche tinnitus.
È un suono solitamente percepito come sibilo all’interno di uno o entrambi gli orecchi, o nella testa.
Il tipo di suono può variare, può essere un singolo tono o più spesso comporsi di molteplici frequenze, può consistere quindi in rombi, ronzii, fischi… con intensità differenti tra i soggetti e variabile intensità anche nella stessa persona, non sempre correlata a particolari fenomeni ambientali o fisiologici.
Coinvolge nel mondo occidentale circa il 10-15% delle persone, una media del 2% vive questo segnale come significativamente incisivo sulla propria qualità di vita.
L’origine dell’acufene è complessa, coinvolge non solo il sistema uditivo periferico (orecchio esterno, medio, interno), ma anche le vie uditive centrali e altre aree cerebrali deputate all’elaborazione delle emozioni e dell’attenzione.
Esemplifichiamo alcune possibili cause di acufene.
La domanda che spesso si pone è: “l’acufene è causa di un disagio psicologico o viceversa?
Sicuramente l’acufene risulta di gestione più difficoltosa correlatamente alla condizione di stress del soggetto.
Un soggetto ansioso, o comunque in uno stato di difficoltà dal punto di vista psicologico, verosimilmente gestirà con maggiore difficoltà l’acufene.
Quindi, accade che l’acufene possa generare una condizione di disagio psicologico. Altresì, è noto che il protrarsi di una condizione di stress cronico provoca alterazioni potenzialmente dannose per i diversi sistemi dell’organismo: gastro-intestinale (ad esempio facilitando l’insorgenza di ulcere, gastriti, coliti), cardiocircolatorio (cardiopatie, alterazioni pressorie), muscolo-scheletrico (mialgie, dolori cervicali, cefalee tensive, contratture mandibolari, cambiamenti anche piccoli della fisiologia dei muscoli che possono alterare il funzionamento del sistema uditivo).
Dunque, anche in assenza di dati univoci che spieghino la relazione causale stress psichico – acufene, esistono reazioni somatiche che lasciano aperta almeno la possibilità di una concausa.
Ne deriva che, quando valutiamo la condizione di un soggetto con acufene, è opportuno valutare la condizione organica e anche quella psichica, per definire con precisione quale profilo di reazione emotiva il soggetto sta sviluppando per via di questa percezione sonora. Così potrà essere profilata con più precisione la traiettoria del trattamento.
La percezione dell’acufene ha una quota soggettiva. Ci sono infatti atteggiamenti personali che possono peggiorare tale percezione, come tratti personologici improntati a rigidità, ipercontrollo, eccessivo perfezionismo. La percezione inoltre viene modulata da condizioni cliniche, come ansia o depressione. La modulazione risente anche delle condizioni cognitive, per esempio la distrazione verso altre attività o la capacità di “osservare” l’acufene con la contemporanea abilità di non darvi reazione. Pensiamo al dolore: un taglio duole per la natura della lesione, ma molto può cambiare in funzione di cosa pensiamo del taglio, dello stato di coscienza del momento, del modo con cui lo fronteggiamo.
Abbiamo visto come la percezione dell’acufene sia spesso funzione della condizione del sistema somatico, uditivo, nonché di quello psichico. Queste considerazioni si traducono, sul versante terapeutico, nella necessità di un approccio multidisciplinare.
Alcuni tra i principali trattamenti:
Terapie Psicologiche
Sicuramente la terapia cognitivo comportamentale (CBT) è tra i metodi più validati, contribuendo a un miglioramento della qualità di vita della persone con acufene.
Semplificando, tra le finalità di questo approccio troviamo:
La psicoterapia aiuta quindi a diminuire lo stato di attivazione ansiosa, nonché ad attenuare fino a risolvere i correlati quadri psicopatologici laddove presenti.
Tra le tecniche utilizzate in psicoterapia vi sono ad esempio metodi di acquisizione di una condizione di rilassamento, di una padronanza del focus attentivo, la ristrutturazione cognitiva dei pensieri che possono nascere in seguito all’insorgenza dell’acufene e che concorrono alla generazione e mantenimento di angoscia, l’utilizzo di tecniche allo scopo di riassociare l’acufene con uno stato di non reattività a esso, e inoltre metodologie specifiche in ausilio quali per esempio quelle psicofisiologiche.
Autore Articolo
A cura dei dottori Andrea Crocetti e Claudia Carminati
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