Il disturbo di personalità evitante è parte di una classe di patologie che possono avere gravi effetti nella vita delle persone.
Chi ne soffre presenta una estrema timidezza, importanti difficoltà a parlare in pubblico, problemi scolastici e nelle relazioni sociali, bassi livelli di autostima, estrema sensibilità alle critiche.
Capita a tutti/e a volte di sentirsi insicuri o timidi.
La persona che soffre di disturbo evitante si sente così quasi sempre in molte occasioni della vita quotidiana.
I sintomi principali, come elencati nel DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) sono:
Queste caratteristiche comportano notevoli ostacoli nella vita di tutti i giorni.
Diventa fonte di ansia e dolore anche solo fare una telefonata, ordinare un caffè al bar, sostenere un’interrogazione, un esame o andare a cena con colleghi o compagni di studio.
Le preoccupazioni rispetto al giudizio degli altri diventano ruminazioni costanti al limite dell’ossessione e del pensiero paranoico.
Il risultato nella maggior parte dei casi è l’isolamento sociale, la depressione e il ritiro dalle attività ludiche e lavorative con il conseguente instaurarsi di un pericoloso circolo vizioso.
Allo stato attuale le ricerche non hanno rilevato cause specifiche definite per l’insorgenza del disturbo evitante di personalità.
L’esordio può essere in età infantile, molto spesso si identifica una forma acuta di ansia da separazione e fobia sociale durante gli anni della scuola primaria che poi ha un’ingravescenza in età adulta.
Della massima importanza la diagnosi differenziale con altre patologie, come il disturbo di personalità schizoide e dipendente.
Sono stati identificati alcuni fattori di rischio che renderebbero le persone più vulnerabili allo sviluppo della patologia.
Come per altri disturbi di personalità, anche chi soffre di personalità evitante trare benefici dall’uso combinato di farmaci e psicoterapia.
Vengono spesso prescritti ansiolitici e/o antidepressivi per ridimensionare la sintomatologia correlata.
Altri principi attivi sono consigliati sulla base dell’interferenza del disturbo nella vita quotidiana della persona (neurolettici, stabilizzatori dell’umore, ecc.)
Sono attualmente in corso molte ricerche per definire il migliore approccio terapeutico al disturbo.
Pare che alcune strategie di già comprovata efficacia per altri disturbi di personalità siano la scelta d’elezione indicata.
Gli strumenti più utilizzati fanno parte dell’approccio cognitivo comportamentale:
Articolo scritto da Stefania Durando psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale
Attività di psicoterapia e docenza presso Istituto Watson, centro di Psicoterapia e Scuola di Specializzazione Post Universitaria in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale.
Riferimenti bibliografici
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5848673/
https://psycnet.apa.org/fulltext/2021-11938-001.html
Il sito www.aiamc.it è il portale di riferimento italiano che raccoglie terapeuti specializzati in Terapia Cognitivo Comportamentale sul territorio italiano.
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