La depressione colpisce nel mondo 5 persone su 100 (circa 322 milioni di persone); ha un’incidenza maggiore nella popolazione femminile (3 su 4 pazienti, circa il 75%) in un’età compresa tra 55 e 74 anni (dati OMS), e colpirebbe più frequentemente l’occidente e la regione sud-est asiatica.
In Italia, l’incidenza del disturbo sarebbe di 2,8 milioni di persone (circa il 5-6% della popolazione) calcolato dall’Istituto Nazionale di Statistica. Il Sole 24 ore nel 2018 ha stimato che nel 2030 la depressione possa rappresentare la maggior causa di disabilità nel mondo.
È una condizione clinica riconoscibile attraverso i seguenti sintomi (APA, 2013):
Per diagnosticare un Episodio Depressivo Maggiore occorre che siano presenti 5 o più dei sintomi appena elencati per un periodo di 2 settimane, ed è possibile distinguerne la gravità in tre livelli: lieve, moderata, grave.
Non è possibile descrivere una precisa eziologia del disturbo.
L’ipotesi più accreditata è che l’individuo svilupperebbe l’episodio depressivo per la presenza di una serie di vulnerabilità:
In altre parole, possiamo affermare che la depressione si sviluppa nelle persone geneticamente predisposte e che vengono esposte in ambienti che ne accentuano la vulnerabilità.
Innanzitutto, occorre accorgersi che l’individuo depresso ha sviluppato un quadro clinicamente significativo, e questo lo si vede perché di solito la persona si ritira socialmente, diminuisce le attività durante la settimana o addirittura la giornata, mangia meno, dorme tantissimo e ha un pensiero tendente alla ruminazione; si possono notare anche frequenti crisi di pianto e riferimenti sul “farla finita” o pensieri di fallimento.
Nella maggior parte dei casi l’inizio dell’episodio depressivo combacia con un evento scatenante (trigger) come, ad esempio, la perdita del lavoro, il pensionamento, l’ingresso all’università, il cambiamento di scuola, il trasferimento di città/quartiere, la perdita di una persona cara, la fine di una relazione, e via dicendo.
Se notate i sintomi descritti sopra, o comunque un cambiamento nel funzionamento quotidiano rispetto ad un periodo precedente è meglio rivolgersi ad uno psicoterapeuta, uno psichiatra o al proprio medico di base.
Qui di sotto riportiamo alcuni suggerimenti che generalmente le persone trovano molto utili e risolutivi:
Come riporta il sito dell’APA division 12, e del NIMH (National Institute of Mental Health), i trattamenti che hanno ricevuto una classificazione con forti evidenze empiriche dalla ricerca scientifica sono: l’attivazione comportamentale, la terapia cognitiva, la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia interpersonale e la terapia basata sul problem-solving.
Ad ogni modo la terapia cognitivo-comportamentale rappresenta il percorso terapeutico che offre maggiore integrazione di tecniche terapeutiche evidence-based che unisce l’attivazione comportamentale con il cambiamento di credenze e pensieri disfunzionali.
Qui di sotto illustreremo brevemente entrambi gli approcci.
È la terapia elettiva per i disturbi depressivi e si basa sulla riattivazione delle attività comportamentali vere e proprie della persona che, durante il periodo di depressione, si disattiva, inibendo comportamenti, ritirandosi socialmente, chiudendosi in sé stessa non compiendo più le azioni di prima e non svolgendo le attività piacevoli e utili che svolgeva prima a causa dell’anedonia e dell’apatia (Lewinsohn, Schaffer, 1971; Ferster, 1973).
Si basa sul principio del rinforzo (Skinner, 1953). La persona depressa smettendo di svolgere le attività smette anche di auto-rinforzarsi e quindi di provare piacere nel fare le attività. Non raccogliendo nessun rinforzo, la persona non é motivata a portare avanti la propria vita perché non riesce a trarre piacere e a vederne il senso.
L’attivazione comportamentale quindi mira a pianificare nel corso della settimana delle attività valutate utili e piacevoli dal soggetto che possono portarlo a provare un senso di padroneggiamento dell’attività stessa e quindi ad incrementare l’autostima. Queste due componenti, molto importanti, rinforzano la persona spingendola a ricompiere la stessa attività.
Come faccio a trovare attività utili e piacevoli? Nella maggior parte dei casi le persone ritrovano il piacere risvolgendo le attività che compivano prima del periodo depressivo o in un periodo della vita che è stato particolarmente produttivo e positivo. Tuttavia, nei casi più gravi, è possibile che la persona non riesca a trovare piacere nelle attività che svolgeva prima, quindi si invita il soggetto a sperimentare quello che potrebbe essere nelle sue corde secondo la conoscenza della propria personalità.
In quanto tempo posso ottenere dei risultati? Questa domanda dipende dal livello di gravità della depressione e ancor più dall’impegno e dalla motivazione del paziente. Non è possibile ricondurre ad una tempistica di massima. Il soggetto non deve aspettarsi di avere dei risultati subito, perché li vedrà a medio-lungo termine. L’attivazione comportamentale prevede che ci si impegni tutti i giorni più volte al giorno per diverso tempo. Nei casi di depressione grave è consigliato l’uso parallelo di una farmacoterapia per potenziare il sistema serotoninergico e noradrenergico.
Da quali attività devo iniziare? Nei casi di depressione è molto facile trovare una disattivazione generale in più ambiti di vita: famiglia, lavoro, amici, hobbies e passioni, sport. L’attivazione comportamentale dovrebbe mirare gradualmente a ristabilire tutte queste attività secondo i valori e gli obiettivi della persona. Se l’obiettivo è troppo grande occorre parcellizzarlo in piccoli obiettivi raggiungibili, altrimenti risulta frustrante.
Tale psicoterapia (Beck et al., 1979) integra la parte comportamentale di attivazione e ha come obiettivo quello di aiutare il soggetto ad avere una modalità di pensiero più funzionale e adattiva.
L’obiettivo della terapia cognitiva è ristrutturare i pensieri su di sé, sul mondo e sul futuro (ibidem) che risultano fortemente influenzate dalle proprie credenze circa il fallimento e la mancanza di risorse interne per fronteggiare le situazioni stressanti. È di fondamentale importanza che la persona cambi il suo stile attribuzionale, cioè il modo che la persona ha di stabilire la causalità di un avvenimento.
Molto importante per la terapia cognitiva è far prendere consapevolezza al paziente del suo dialogo interno depressivo (pensieri automatici negativi). La tipologia dei pensieri automatici rileva come la persona attiva le sue distorsioni cognitive (Beck, 1976) come la generalizzazione, il pensiero dicotomico (bianco o nero, tutto-o-nella), l’idealizzazione e la svalutazione, ma anche tante altre. Tali distorsioni cognitive derivano dalle credenze di base del paziente, altrove definite schemi, formatesi lungo tutta la storia della persona.
La ricerca scientifica riporta come l’unione di queste due forme di psicoterapia sia capace di prevenire in maniera forte le possibili ricadute depressive in futuro.
È da sottolineare che in certe situazioni è utile ricorrere, oltre alla psicoterapia cognitivo comportamentale, anche alla farmacoterapia come stampella almeno per il primo periodo, in modo che il soggetto sia aiutato a produrre quei neurotrasmettitori implicati nello ristabilirsi dell’equilibrio psicofisico.
Sì nei casi di depressione lieve; in tutti gli altri casi è consigliabile affiancare la psicoterapia cognitivo comportamentale a un antidepressivo (serotoninergico o noradrenergico). Nei casi di depressione grave/severa è utile utilizzare un dopaminergico unito a un antipsicotico poiché a causa della forte ruminazione il soggetto risulta particolarmente ossessivo oltre che disattivato.
Sono stati segnalati casi nei quali i farmaci hanno avuto la stessa efficacia di una terapia placebo oppure casi nei quali la sintomatologia si è risolta dopo 6 mesi senza l’apporto né della psicoterapia e né della farmacoterapia.
Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi, come già detto, si affianca la terapia cognitivo comportamentale a un semplice antidepressivo serotoninergico.
Parallelamente ai trattamenti descritti qui sopra, alcune persone hanno trovato beneficio dall’integrazione con alcune cure naturali come la vitamina B1, B3, B6, la vitamina D e dall’esposizione alla luce del sole. Si rimanda a siti specializzati per avere maggiori informazioni, ma è comunque sconsigliato il trattamento con le sole cure naturali, o con omeopatici e/o fitoterapici.
La depressione è una condizione complessa che può manifestarsi in modi diversi da persona a persona.
Detto questo, abbiamo alcuni segnali che possono indicare che una persona è probabilmente depressa:
Se riscontri diversi di questi sintomi o se hai preoccupazioni sulla tua salute mentale, è importante cercare il supporto di un professionista della salute mentale. Solo un professionista può fare una valutazione accurata e diagnosticare la depressione.
Sì, nel 70% dei casi, ma solo se si chiede aiuto. Gli esiti negativi circa il trattamento della depressione riguardano essenzialmente soggetti che hanno altri disturbi mentali in comorbidità come disturbi di personalità, dipendenze o disturbi alimentari, od ancora patologie organiche severe anche di tipo neurologico.
Uno studio recente dell’OMS (Thornicroft et al., 2017) sulla diffusione e il trattamento dei disturbi mentali in 21 paesi rileva che nella maggior parte dei paesi indagati le persone si rivolgono a un professionista nei casi di depressione. Molti di meno in Italia dove, invece, la maggior parte delle persone con sintomatologia franca non considerano la depressione una patologia da curare.
Un ostacolo all’accesso alle cure potrebbe essere legato a una serie di pregiudizi sulla malattia e sulle cure.
Una volta che insieme allo specialista si sono individuati i sintomi si possono monitorare i segnali di ripresa dalla depressione che possono essere:
Articolo scritto da Jean Floris.
Psicologo e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Mi occupo prevalentemente di Disturbi d’Ansia, Depressione, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbi di Personalità e Dipendenze.
Il sito www.aiamc.it è il portale di riferimento italiano che raccoglie terapeuti specializzati in Terapia Cognitivo Comportamentale sul territorio italiano.
Nella sezione “CERCA PSICOTERAPEUTA” è possibile sezionare la regione e la provincia di interesse e filtrare la ricerca sulla base del problema di cui si soffre.
Neil S. Jacobson, Christopher R. Martell, Sona Dimidjian
University of Washington – 2001
L’articolo illustra l’attivazione comportamentale (Behavioral Activation, BA) come trattamento standalone per la depressione che iniziò come terapia del comportamento in uno studio di analisi delle componenti della terapia cognitiva nella versione di Beck, Rush, Shaw e Emery.
La BA intende aiutare le persone depresse a impegnarsi nuovamente nella loro vita attraverso strategie di attivazione mirate.
Queste strategie sono l’opposto degli schemi di evitamento, di ritiro e di inattività che potrebbero esacerbare gli episodi depressivi generando ulteriori problemi secondari nella vita delle persone.
L’attivazione comportamentale è strutturata per aiutare le persone ad approcciarsi e accedere a fonti di rinforzi positivi nella loro vita quotidiana che servono come naturali antidepressivi.
Il proposito in questo articolo è descrivere il trattamento e la storia del suo sviluppo.
È in corso un vasto trial clinico che mette a confronto l’efficacia del modello di attivazione comportamentale degli autori, la terapia cognitiva e la farmacoterapia per soggetti con diagnosi di depressione maggiore.
I risultati dell’analisi hanno condotto gli autori a sviluppare la BA come trattamento a sé stante, processo che ha rimandato alla letteratura comportamentale.
Sono state proposte e valutate negli ultimi decenni numerose teorie comportamentali e di trattamento della depressione. Il trattamento originale di Lewinsohn cercava in generale di aumentare un’ampia gamma di eventi per aumentare i rinforzi positivi.
Questo programma era significativo per l’enfasi posta sulle contingenze di rinforzo e quindi fornisce una base importante per il modello di BA proposto dagli autori. In aggiunta al modello di Lewinsohn, sono stati sviluppati altri modelli comportamentali con l’obiettivo di affrontare le difficoltà di problem solving spesso osservate negli individui affetti da depressione. La terapia comportamentale focalizzata di D’Zurilla e Goldfried (1971) insegna ai/alle pazienti i cinque step del problem solving: orientamento al problema, definizione e formulazione del problema, generazione di alternative, decision making e verifica delle soluzioni.
Col passare del tempo, vennero integrati dagli interventi cognitivi. In tutti questi punti di vista, risultava chiaro come la terapia comportamentale per la depressione si fosse allontanata dalle sue iniziali radici contestuali e funzionali.
Il modello attuale di BA, includendo tutte le tecniche presenti nel trattamento di prima generazione è stato strutturato per riportare la terapia comportamentale della depressione a queste radici contestuali.
Di conseguenza, il modello della BA non nega la presenza di vulnerabilità genetica o biologica, tuttavia suggerisce che un’attenzione esclusivamente focalizzata sulla biologia rischia di ignorare un vasto range di fattori contestuali potenzialmente importanti nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo.
Chiaramente, una certa percentuale di differenza nella patologia è legata ad una predisposizione genetica. Inoltre, sembra probabile che esistano molti sottotipi di depressione e i fattori genetici possono giocare un ruolo maggiore in alcuni tipi piuttosto che in altri.
La depressione varia da individuo a individuo sia nella forma, sia nel livello di gravità. L’assunzione è che per la maggior parte delle persone vulnerabili, le esperienze di vita spieghino il rischio.
L’uso corrente dell’attivazione comportamentale trasse origine dall’analisi delle componenti della ricerca in terapia cognitiva. Come nella terapia cognitiva, i terapeuti e le terapeute del nostro attuale modello di BA continuano in modo collaborativo a fissare programmi con i pazienti, ad assegnare compiti tra una seduta e l’altra e richiedere feedback.
In ogni caso, la BA si differenzia dai tradizionali approcci cognitivo comportamentali nella sua enfasi sul contesto ambientale in cui vive la persona e nella sua inesorabile enfasi sull’incoraggiare il / la paziente in attività che sostanzialmente faranno loro ricevere rinforzi naturali.
Nella BA si assume che l’interazione tra circostanze di vita negative e le difficoltà della persona a cambiare queste circostanze possa condurre alla passività spesso caratteristica della depressione. Non è che le persone passive diventino depresse, ma punizioni ripetute o una vita che funzioni prevalentemente su un programma di rinforzi negativi crea pattern comportamentali in antitesi con comportamenti che avrebbero maggiore probabilità di ottenere rinforzi positivi dall’ambiente.
La BA si aggiunge così agli attuali trattamenti per la depressione focalizzandosi sui pattern di evitamento dei / delle pazienti tipicamente utilizzati per far fronte ai problemi della loro vita.
Fino ad oggi, l’evitamento è stato il focus degli interventi per i disturbi d’ansia, ma è stato grandemente sottostimato nella depressione. Il / la terapeuta che utilizza la BA mira a valutare le possibili fonti di rinforzo con cui la persona non entra in contatto e di conseguenza la aiuta ad attivarsi sufficientemente per aumentare la possibilità che il comportamento anti-depressivo venga rinforzato. La BA inoltre parte dall’assunto che il/la cliente possieda le abilità, ma non abbia avuto sufficienti opportunità di praticarle o utilizzi l’evitamento come modo per controllare le emozioni negative, limitando quindi il consolidamento di queste abilità.
L’attivazione comportamentale è radicata nella filosofia che è la vita del/della paziente che può essere modificata per alleviare la depressione, non strutture disfunzionali sottostanti o deficit di abilità.
In conclusione, gli autori confidano che i risultati della ricerca forniranno la prova definitiva del loro modello e sono convinti che la BA contribuirà efficacemente a far tornare gli interventi comportamentali per la depressione alle loro radici comportamentali e contestuali e fornirà un potente nuovo trattamento per questa patologia aiutando le persone a riprendere possesso della propria vita.
Sitografia